Dal Salento a Cannes con “Forse è solo mal di mare”

La pellicola della regista salentina Simona De Simone è stata presentata al Marchè della prestigiosa kermesse francese. Con la redazione del Titolo, abbiamo avuto il piacere di intervistarla.


Carissima Simona, dai tuoi percorsi di studio emerge un forte interesse per il teatro, soprattutto quello sperimentale. Sei arrivata con naturalezza al passaggio tra teatro e cinema, o questo “salto” è stato più complicato?

Il passaggio dal teatro al cinema è stato naturale.  Il cinema negli anni si è rivelato un mezzo attraverso il quale tradurre in immagini i luoghi interiori scoperti e indagati grazie al teatro.

La tua pellicola è stata una delle poche italiane ad essere presentata in una delle sezioni collaterali della kermesse, il prestigioso “Marchè du Film”. Come hai vissuto quest’esperienza?

L’esperienza di Cannes è stata assolutamente incredibile. Sono stata onorata e felice di presentare il film all’interno di un evento in cui si respira il cinema a livello mondiale.  Gli applausi del pubblico ci hanno davvero riempito il cuore di gioia.

 

La pellicola affronta il tema delle origini e dell’attaccamento alle proprie radici. Quanto c’è di riflessione personale, o di spunti totalmente inediti?

La prima volta che ho letto la sceneggiatura ho subito sentito delle affinità con la mia storia personale.  Sono nata e cresciuta in Salento e, anche io, da ragazzina, come tanti miei coetanei, mi sono trovata davanti al bivio andare-restare. Mi sono trasferita in diverse città, ora sono a Firenze, ma continuo a sentirmi legata alla mia terra, alla sua cultura, al suo tormento e alla sua bellezza.

 

Viene subito in mente “Basilicata Coast to Coast” di Rocco Papaleo. Ci credi alla visione di un nuovo cinema “glocal” nella realtà italiana?

Credo che il cinema italiano stia cominciando a porre l’attenzione a linguaggi diversi, con il risultato di una stimolante contaminazione. Nel caso di “Forse è solo mal di mare”, l’isola di Linosa è stata fondamentale, per l’ispirazione, la scrittura e una regia che potesse fondersi alla realtà del luogo, garantendo un racconto molto vicino a quelle che sono le abitudini di quegli isolani che hanno fatto di uno scoglio sperduto nel Mar Mediterrraneo il loro mondo.

 

Per te che vieni da generi e registri completamente diversi, come è stato questo tuo primo approccio con una commedia?

È stata una bella sfida allontanarsi dal genere visionario, onirico e poetico di “Satyagraha”. La commedia toscana rappresentava inizialmente qualcosa di molto lontano dalla mia essenza, ma alcuni eventi che mi hanno permesso di avvicinarmi e studiarla nel profondo. Innanzi tutto, la vicinanza di Matteo Querci, regista che ha ideato l’intero progetto, poi il legame profondo con gli attori toscani come Francesco Ciampi, Barbara Enrichi, Marco Martelli e, infine, il legame con i produttori e la città di Prato, che mi ha praticamente adottata per quasi un anno. I toscani hanno un’ironia molto particolare e sono delle persone di gran cuore. Tutto questo mi ha molto aiutato nella comprensione della sceneggiatura e nella direzione del film che mi è stato affidato.

 

Insieme a Francesco Ciampi, nella pellicola vi recitano anche Maria Grazia Cucinotta, Paolo Bonacelli e Orfeo Orlando. Ti ha intimidito la loro presenza sul set, o è stata motivo di incoraggiamento?

L’intero cast del film si compone di attori e attrici dal grande valore umano e professionale. Sono stati tutti molto disponibili, abbiamo affrontato il lavoro con estremo rispetto e confronto. L’esperienza del set ci ha unito molto, abbiamo praticamente vissuto insieme su un’isola quasi deserta per due mesi, notte e giorno.

 

Cibbè Film è un’interessante e innovativa metodologia di fare impresa nel cinema, immaginando una sinergia tra imprenditoria e arte (in questo caso la settima). E’ un caso isolato secondo te, o nel futuro ci saranno altre possibilità nel sistema produttivo italiano?

Sinceramente spero che continuino a nascere realtà come la Cibbè Film in Italia. Il nostro è stato uno scambio interessante: i produttori hanno apportato al lavoro il rigore e il pragmatismo aziendale, troupe e cast hanno permesso loro di scoprire quello c’è dietro la realizzazione di un film. Entrambe le parti si sono impegnate molto e credo si siano arricchite di un’importante sinergia.

Hai qualche altro progetto in cantiere, dopo questo tuo interessante esordio?

Ho iniziato a scrivere il prossimo film. Ritorno al mio genere e alla mia terra, con la preziosa collaborazione di Josella Porto.

Attualmente la Puglia si sta profilando come grande protagonista nel panorama nazionale per le produzioni (sia nazionali che internazionali). Grazie ad Apulia Film Commission sono state girate numerose fiction, e sono in corso le riprese dell’ultimo film di Carlo Verdone, e del nuovo adattamento di “Pinocchio”, che porta la firma di Matteo Garrone. Guardi con attenzione a questo fenomeno, o la tua attenzione è rivolta su altri contesti?

Sono molto felice che tante produzioni, grazie all’Apulia Film Commission, stiano avendo l’opportunità di scoprire i nostri luoghi, le nostre tradizioni, i nostri colori. La Puglia offre davvero tanto. Io girerò il prossimo film in Salento, regalando agli spettatori il racconto di una storia che ci appartiene e che forse non tutti conoscono.

Hai degli autori italiani o internazionali a cui ti sei ispirata?

Ci sono grandi autori che continuano ad alimentare la mia ricerca, come Fellini, Sorrentino, Malick, Arriaga, Kim Ki Duk, Park Chan- wook.

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