Coez guarda al passato andando avanti
Nell’album “1998” la nostalgia è uno strumento per trovare consapevolezza oggi, un’indagine sull’autenticità odierna ricordando i tempi di una gioventù vissuta con meno tecnologia e sentimenti vissuti senza mediazioni.
Quando è stato annunciato il titolo del nuovo album di Coez, sinceramente, sono stato preso da una strana forma di sconforto. Mi spiego meglio, in questo periodo siamo invasi in ogni dove da revival anni ’90 anche ingiustificati, da rivalutazioni e rifugi in operazioni musicali nostalgiche e non sempre di qualità, che vengono amate semplicemente perchè ci ricordano la gioventù più che per il loro reale valore riletto oggi, insomma un primo passo per diventare boomer in piena regola.
“1998” per fortuna, non è nulla di tutto questo, non è un’operazione revival, non è un salire sul carro degli 883, dei Gigi D’Agostino di turno (con tutto il rispetto), è qualcosa di più intimo, riflessivo, è soprattutto un disco di Coez e alla Coez, con i suoi limiti ma anche con le caratteristiche che lo fanno apprezzare al suo pubblico.
“Non è mai solo una canzone, non è mai solo per te”, contenuta nel singolo di lancio “Qualcosa di grande” (scritto insieme a Niccolò Contessa e Dargen D’Amico), è una frase che fa rumore, richiama un’ispirazione sincera, indaga sui legami importanti.
“Ti accorgi quando un’amicizia è vera quando il conto è in rosso”, anche questa citazione rappresenta molto il mondo descritto da Coez, un cantore delle sconfitte, di una malinconia che riguarda il “come eravamo” seguito dal “come siamo diventati” più che il “cosa avevamo”.
Il 1998 per Coez rappresenta l’ultimo periodo prima della diffusione di massa dei telefonini (come si diceva allora) e di internet, un tempo in cui la vita era più diretta, vissuta per strada, autentica e reale. C’erano situazioni che si vivevano proprio nel presente fra le persone, i social erano il muretto del quartiere, proprio come descritto in “Estate 1998” e nel suo contraltare “Inverno 1998”.
Da questi presupposti nascono i racconti del disco, ambientati nel passato e nel presente, dalle malinconiche “Nessun tramonto” “Mal di te”, all’apparente spensieratezza di “Non dire no”, in collaborazione con Riccardo Sinigallia fino alle dinamiche di coppia in primo piano come nella tagliente “Ti manca l’aria” e nella collaborazione con Tommaso Paradiso e Franco 126 nella non irresistibile “Roma di notte”.
“Io e lo stare bene siamo da sempre rette parallele.. mamma diceva sempre di non bere, di non fumare come ciminiere e di non fare tardi, di non fare drammi. Ma i drammi io li faccio di mestiere” è il succo della autobiografica e ironica “Mr. Nobody”.
Presentato in un piccolo pub di Camden a Londra in onore del mito coltivato generazionalmente per questi luoghi “1998” non è un omaggio musicale agli anni ’90 ma è più un guardarsi indietro per capire il presente, un album nel senso classico del termine uscito inspiegabilmente alle porte dell’estate, un disco che non farà sfracelli nell’immediato e nel pubblico generalista ma destinato ad un percorso lungo, soprattutto all’interno dei concerti e tra i suoi fan più fedeli.
Musicalmente è il Coez che conosciamo, astenersi chi aspetta rivoluzioni, qui si tratta solo di continuare una strada con più consapevolezza nei propri mezzi.
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